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martedì 2 settembre 2014

Le Avventure di Ixquic pt 002 - Il Popol Uuh

«Messaggeri, non riuscirete ad uccidermi perché non sono hoxbal quelli che sono nel mio grembo! Semplicemente sono stati creati. Sono andata ad ammirare la cosiddetta “Testa di Hun – Hunahpú” a Pucbal Chah. Perciò fermatevi, non sacrificatemi!» disse la fanciulla.
«Ché useremo come sostituto per il tuo cuore?[1] Tuo padre disse: “Portate qui il suo cuore, i Signori lo esamineranno e se saranno soddisfatti il cuore sarà quello. Portate il cuore della ragazza qui, veloci, mettetelo qui nella chicchera!” Non l’ha detto? Cosa metteremo nella chicchera, allora? Non vorremmo che tu muoia, però», risposero i messaggeri.
«Beh, questo cuore non gli appartiene. E poi non è qui che dovrebbero stare le vostre case! Non dovete per forza uccidere le persone! È di voi che abusano, Hun Camé e Uucub Camé. Solo il “Sangue di Drago”[2] gli appartiene! Fate così: bruciate quello davanti alle loro facce,  non bruciate questo cuore. Così sia. Metteteci il frutto di questo albero», replicò la fanciulla.
La linfa dell’albero era rossa, così fu messa nella chicchera.[3]
Il sostituto per il suo cuore fu spremuto dall’albero rosso. La linfa che uscí dall’albero era come il sangue, rosso acceso.
Da quando la ragazza tagliò l’albero esso fu chiamato “Chuh Cac Ché” [«Albero Rosso Acceso del Sacrificio»]. Lei lo chiamò “sangue” e da allora l’albero di chiamò “sangue”.
«Ora andate sulla faccia della terra!» disse la fanciulla ai gufi.
«Va bene, ragazza. Noi  andremo dopo verso l’alto, dopo aver consegnato ai Signori il sostituto del tuo cuore» risposero i messaggeri.
Quando arrivarono davanti alle facce dei Signori, essi speravano bene.
«Ce l’avete fatta o no?!», disse dunque Hun Camé.
«Ce l’abbiamo fatta, Signori. Qui c’è il suo cuore, sul fondo della chicchera.»
«Bene, allora lo vedremo», replicò Hun Camé. Allora lo prese e lo sollevò in alto, e dalla sua superficie sgocciolava finto sangue di colore rosso acceso.
«Accendete il fuoco e mettiamocelo dentro!» disse Hun Camé.
Poi loro lo misero a bruciare sul fuoco e tutta Xibalbá sentí la fragranza. Finí l’ascesa di tutti loro, quand’erano ricurvi sul cuore di Ixquic, mentre si deliziavano con l’odore del sangue bruciato
Poi i gufi si lasciarono tutto alle spalle e andarono ad accompagnare la fanciulla.
Ancora dopo sono tornati giù a Xibalbá da un buco che lasciarono là sulla terra.
Così sono stati sconfitti tutti gli Xibalbani, grazie alla fanciulla che li accecò[4] tutti quanti, Ixquic.




[1] Qui dice iqux, cioè il vostro cuore, anziché aqux, il tuo cuore. Potrebbe essere una forma di rispetto. La forma di rispetto al plurale utilizzata nel testo Popol Uuh è loro.
[2] Si tratta della linfa di certi alberi dei generi Croton, Dracaena, Daemonorops e Pterocarpus.
[3] Il testo riporta xcul anziché xcol, chicchera o recipiente.
[4] Molte espressioni in voga oggi erano conosciute ed usate dai quiché. Quando noi diciamo «ma chi m’ha accecato?» non sappiamo che era un’espressione in voga all’epoca dei maya.

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