«Messaggeri,
non riuscirete ad uccidermi perché non sono hoxbal
quelli che sono nel mio grembo! Semplicemente sono stati creati. Sono andata ad
ammirare la cosiddetta “Testa di Hun – Hunahpú” a Pucbal Chah. Perciò fermatevi, non sacrificatemi!» disse la
fanciulla.
«Ché useremo
come sostituto per il tuo cuore?[1] Tuo
padre disse: “Portate qui il suo cuore, i Signori lo esamineranno e se saranno
soddisfatti il cuore sarà quello. Portate il cuore della ragazza qui, veloci,
mettetelo qui nella chicchera!” Non l’ha detto? Cosa metteremo nella chicchera,
allora? Non vorremmo che tu muoia, però», risposero i messaggeri.
«Beh, questo
cuore non gli appartiene. E poi non è qui che dovrebbero stare le vostre case!
Non dovete per forza uccidere le persone! È di voi che abusano, Hun Camé e
Uucub Camé. Solo il “Sangue di Drago”[2] gli
appartiene! Fate così: bruciate quello davanti alle loro facce, non bruciate questo cuore. Così sia.
Metteteci il frutto di questo albero», replicò la fanciulla.
La linfa
dell’albero era rossa, così fu messa nella chicchera.[3]
Il sostituto
per il suo cuore fu spremuto dall’albero rosso. La linfa che uscí dall’albero
era come il sangue, rosso acceso.
Da quando la
ragazza tagliò l’albero esso fu chiamato “Chuh Cac Ché” [«Albero Rosso Acceso
del Sacrificio»]. Lei lo chiamò “sangue” e da allora l’albero di chiamò
“sangue”.
«Ora andate
sulla faccia della terra!» disse la fanciulla ai gufi.
«Va bene,
ragazza. Noi andremo dopo verso l’alto,
dopo aver consegnato ai Signori il sostituto del tuo cuore» risposero i
messaggeri.
Quando
arrivarono davanti alle facce dei Signori, essi speravano bene.
«Ce l’avete
fatta o no?!», disse dunque Hun Camé.
«Ce
l’abbiamo fatta, Signori. Qui c’è il suo cuore, sul fondo della chicchera.»
«Bene,
allora lo vedremo», replicò Hun Camé. Allora lo prese e lo sollevò in alto, e
dalla sua superficie sgocciolava finto sangue di colore rosso acceso.
«Accendete
il fuoco e mettiamocelo dentro!» disse Hun Camé.
Poi loro lo
misero a bruciare sul fuoco e tutta Xibalbá sentí la fragranza. Finí l’ascesa di
tutti loro, quand’erano ricurvi sul cuore di Ixquic, mentre si deliziavano con
l’odore del sangue bruciato
Poi i gufi
si lasciarono tutto alle spalle e andarono ad accompagnare la fanciulla.
Ancora dopo
sono tornati giù a Xibalbá da un buco che lasciarono là sulla terra.
Così sono
stati sconfitti tutti gli Xibalbani, grazie alla fanciulla che li accecò[4] tutti
quanti, Ixquic.
[1] Qui dice iqux, cioè il vostro cuore,
anziché aqux, il tuo cuore. Potrebbe essere una forma di rispetto. La forma di
rispetto al plurale utilizzata nel testo Popol Uuh è loro.
[2] Si tratta della linfa di certi
alberi dei generi Croton, Dracaena, Daemonorops e Pterocarpus.
[3] Il testo riporta xcul anziché xcol, chicchera o recipiente.
[4] Molte
espressioni in voga oggi erano conosciute ed usate
dai quiché. Quando noi diciamo «ma chi m’ha accecato?» non sappiamo che era
un’espressione in voga all’epoca dei maya.
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